Una volta, il ruolo del DJ era riservato a pochi appassionati e professionisti, con una spesa mensile significativa in vinili per rimanere aggiornati. Questo costituiva una barriera all’ingresso per molti aspiranti DJ, garantendo una certa qualità e conoscenza musicale. I negozianti di dischi erano i custodi delle tendenze musicali, fornendo consigli preziosi ai DJ.
Con l’avvento dell’era digitale e l’accessibilità della musica in formato MP3, la figura del DJ ha subito una trasformazione radicale. La facilità di ottenere musica gratuitamente ha abbassato la soglia di ingresso nel campo, permettendo a chiunque di dichiararsi DJ. Questo ha portato a una saturazione del mercato, con bar, ristoranti e persino spiagge che si trasformano in discoteche improvvisate, spesso a discapito della cultura musicale.
La professione del DJ, così come era intesa negli anni ’70, sembra ormai un ricordo lontano. Oggi, troviamo il DJ “pulmino”, il DJ “vip” e il DJ “star”, quest’ultimo spesso pagato cifre esorbitanti per suonare brani generici e dimenticabili. La musica, un tempo cuore pulsante dell’intrattenimento e del ballo, sembra aver perso il suo valore culturale e sociale.
Considerazioni personali:
La trasformazione del DJ in un’icona vuota è sintomatica di un cambiamento più ampio nella nostra società, dove la quantità sembra aver preso il sopravvento sulla qualità. La musica, un tempo mezzo di espressione e connessione, è ora ridotta a un sottofondo per l’alienazione indotta da droghe e alcol. È tempo di rivalutare ciò che rende la musica speciale e di riscoprire l’arte di creare esperienze autentiche e memorabili.
E tu cosa ne pensi? Credi davvero che questa professione stia andando per questa direzione?