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Nel 1987, nelle acque cristalline di Favignana, successe qualcosa che ancora oggi fa parlare i pescatori dell’isola. Era tempo di tonnara, e i tonnaroti stavano preparando le reti come ogni anno, pronti per la grande mattanza. Ma quella volta, tra i tonni, finirono impigliati due ospiti inattesi: due squali bianchi, un maschio e una femmina.

Quando il subacqueo Nitto Mineo si immerse per controllare le reti, il primo squalo che vide era già morto, impigliato e immobile. Ma il secondo… beh, il secondo era vivo. E molto arrabbiato. Era un gigante di oltre cinque metri e due tonnellate, un predatore perfetto, e in quel momento era intrappolato nella rete, la coda avvolta in una massa aggrovigliata di fili e nodi.

Mineo sapeva che doveva liberarlo. Con il coltello in mano, iniziò a tagliare la rete, facendo attenzione a ogni movimento. Il mare era silenzioso, ma nell’acqua c’era tensione. Quando finalmente stava per finire, tutto cambiò in un istante: lo squalo si mosse, con un colpo improvviso, e Mineo sentì la forza del predatore trascinarlo. Istintivamente, si spinse indietro, ma lo squalo si girò, spalancando le fauci enormi. Era questione di centimetri.

Un attimo di puro istinto: Mineo allungò la mano, posandola sul muso dello squalo, e spinse con tutta la forza che aveva per allontanarsi. Non sapeva come, ma riuscì a sfuggire al colosso marino e risalì verso la superficie. I trenta metri che lo separavano dall’aria sembravano un battito di ciglia, e senza neanche togliersi le bombole o la zavorra, si arrampicò sulla barca, incredulo di essere ancora vivo.

La femmina venne recuperata poco dopo, ormai senza vita. Nella sua pancia trovarono venti tonnetti e persino un delfino di duecento chili. Quel giorno, il mare aveva mostrato tutta la sua ferocia e grandezza, e Mineo aveva vissuto per raccontarlo.

Ancora oggi, a Favignana, quando si parla di squali, c’è sempre qualcuno che ricorda quell’incredibile episodio del 1987. Perché ci sono storie che il mare non lascia andare.


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